Lo Champagne secondo Louis Roederer

Louis Roederer è una delle poche Maison de Champagne ancora gestita dalla famiglia fondatrice. Una storia che affonda le radici nel lontano 1776, a Reims. La cantina ottiene il nome attuale nel 1833, quando viene ereditata da Louis Roederer, che intraprende un percorso di crescita e ristrutturazione in controtendenza rispetto alle altre realtà della regione.

A differenza di altre Maison (i cosiddetti Négociant Manipulant) che acquistano uve da altri vignaioli, Louis è convinto che il segreto di un grande vino risieda nella terra. Inizia così a investire nell’acquisto di vigne nei territori dei Grand Cru e Premier Cru. Un approccio da piccolo vignaiolo (Récoltant Manipulnat, come si dice Oltralpe) ma su larga scala.

Nel 1850, la Maison Roederer può contare su 100 ettari di proprietà. Oggi su oltre 240 ettari, suddivisi in 410 appezzamenti fra la Montagne de Reims, la Cote de Blancs e la Vallée de la Marne. Unica nel suo genere, la cantina coniuga in sé tanto l’abilità enologica propria delle grandi Maison quanto l’attenzione alla viticoltura tipica dei Vigneron.

Per dar modo di conoscere ed approfondire gli Champagne di Louis Roederer lo scorso 20 ottobre la sezione Onav di Varese ha organizzato un’interessante degustazione.

LA DEGUSTAZIONE
Sette le proposte. Apre la serata il Brut Premier, il “base” di casa Roederer, lo champagne pensato per dare continuità alla Maison dopo la prima guerra mondiale.

Vinificazione in fusti di rovere per la cuvée composta dal 40% di Pinot Noir, 40% di Chardonnay e 20% di Pinot Meunier. Tre anni di affinamento sui lieviti, 6 mesi di riposo in bottiglia dopo la sboccatura, 9 g/l di dosaggio.

Giallo paglierino brillante, perlage piuttosto fine. Molto pulito al naso con note fruttate di mela, di agrume, vegetali di fieno ed una dolcezza di crema pasticcera. In bocca il perlage è un poco aggressivo. Grande acidità e buona sapidità. Evidente la presenza del Meunier. Equilibrato con una dolcezza di miele e camomilla che accompagna la breve persistenza.

Brut Rosè Vintage 2011. Annata difficile con inverno secco, primavera calda ed estate fresca e piovosa che costrinse a vendemmia anticipata. 63% Pinot Noir, 37% Chardonnay. Il 22% dello Chardonnay è vinificato fusti di rovere mentre il 13% fa fermentazione malolattica. Quattro anni di affinamento e 6 mesi di riposo in bottiglia dopo sboccatura. 9 g/l il dosaggio zuccherino.

Color buccia di cipolla brillante, il perlage è piuttosto fine e persistente. Al naso è più timido del brut con note di melograno, gesso e salmastre di ostrica seguite da una speziatura di pepe bianco.
Un poco aggressivo il perlage, di buona acidità, chiude su di una nota amarognola forse dovuta al residuo zuccherino.

Blanc de Blanc Vintage 2008. Annata con primavera molto piovosa ed estate secca che hanno dato una maturazione lenta e progressiva delle uve. 100% Chardonnay, il 15-20% vinificato in botti di rovere con battonage settimanale e nessuna fermentazione malolattica, 5 anni di affinamento sui lieviti ed un dosaggio zuccherino di 8-10 g/l.

Paglierino con riflessi dorati al naso è molto fine, delicato. Uno champagne che non urla i propri sentori ma che sussurra note floreali e fruttate contornate da un profumo di erba tagliata. Molto elegante in bocca non rivela il proprio dosaggio zuccherino forte di una grande mineralità. Lunga la persistenza.

Brut Nature 2009 e Brut Nature 2006. Una mini verticale. Il Brut Nature 2009 nasce in un’annata ricordata come una delle migliori in Champagne, con inverno rigido e secco ed estate soleggiata ed asciutta. 70% di Pinot Noir e Pinot Meunier, 30% Chardonnay. 25% della vinificazione in rovere, nessuna malolattica, nessun dosaggio zuccherino.

Colore paglierino con riflessi dorati. Naso molto espressivo ove si riconoscono note floreali di ginestra, frutta bianca, agrumi, mandorla e marzapane ed una nota di tabacco da pipa. Al palato il perlage è molto piacevole in contraltare con la schietta acidità del pas dosé.

Il 2006 è l’anno che suggella le varie prove della Maison, iniziate nel 2003, per la realizzazione del primo Brut Nature. 70% di Pinot Noir e Pinto Meunier, 30% Chardonnay. Fermentazione spontanea del 100% dei vini in botti di legno. Nessun dosaggio.

Colore più carico rispetto al 2009 al naso è più chiuso con sentori simili a quelli del 2009 contornati da una nota dolce di confetto. In bocca è teso e pulito con una grande mineralità.

Vintage 2009. 70% Pinot Noir, 30% Chardonnay. 30% circa dei vini vinificati in legno. 9 g/l di dosaggio. Color giallo dorato con perlage molto fine e persistente. Estremamente pulito al naso con note di cera d’api, di frutta disidratata, note di spezie, di tostatura e di pasticceria.

Finissimo in bocca col perlage che accarezza il palato, uno champagne rotondo con acidità e mineralità perfettamente bilanciate. Lunga la persistenza.

Chiude la degustazione Cristal 2007. Annata con primavera calda ed estate fresca chiusa da una vendemmia in condizioni ideali. La cuvée, ottenuta da vecchie viti, si compone del 58% Pinot Noir e 48% Chardonnay con il 15% dei vini vinificati in rovere. 9,5 g/l il dosaggio.

Colore dorato con perlage finissimo. Pulizia assoluta al naso con agrume maturo, tostatura che vira al fumé e note minerali di pietra focaia. Bocca equilibrata ed estremamente armonica. Finale lungo.

LA STORIA DEL CRISTAL
Correva l’anno 1867 quando la Maison Roederer confezionò una versione speciale della propria Cuvée de Prestige per lo Zar di Russia Alessandro II.

A causa di tensioni nazionali ed internazionali si temevano attentati alla vita dello Zar e così, in occasione della “Cena dei tre imperatori” cui Alessandro II avrebbe partecipato (insieme a Guglielmo I di Prussia ed al principe Otto von Bismarck) venne realizzata una bottiglia particolare.

La bottiglia era in cristallo trasparente (da cui il nome) per garantire che al suo interno vi fosse champagne e non qualche liquido infiammabile o esplosivo.

Allo stesso modo il fondo della bottiglia era piatto per evitare che vi si potessero nascondere altre minacce. La bottiglia così nata, adornata da una etichetta dorata che ne esalta l’eleganza, divenne un’icona a tal punto da essere oggi considerata dagli economisti un “bene di Veblen”.

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